Giovedì 03 Aprile 2025

Privacy e Genitorialità: Dilemmi di un Millennial

In un'epoca in cui la privacy online è sempre più minacciata, le preoccupazioni di un genitore che lavora nel campo della privacy diventano ancora più rilevanti. Nonostante la consapevolezza dei rischi legati alla condivisione delle foto dei propri figli sui social media, ho deciso di utilizzare un'intelligenza artificiale per generare immagini del mio bambino. Questo articolo esplora i dilemmi e le ansie legate alla protezione della privacy dei bambini, l'uso dei dati da parte delle aziende tecnologiche e le misure di sicurezza adottate per proteggere tali dati.

baby

Ho 30 anni sono un consulente privacy, genitore relativamente giovane e “al passo coi tempi”. Circa un mese fa è nato il mio primo figlio.

Consapevoli dell'importanza della privacy e dei pericoli del web, mia moglie ed io abbiamo sempre ritenuto di non dover pubblicare le sue foto sui nostri canali social. Dire che non le mettiamo “in rete” sarebbe impossibile, dato che tutti i nostri archivi sono caricati su piattaforme cloud, necessariamente esposte alla rete.

Negli ultimi giorni, grazie all'aggiornamento del 26 marzo di ChatGPT, tutti abbiamo avuto l'opportunità di apprezzare le splendide immagini generate dall'intelligenza artificiale a partire dalle nostre foto. Attratto da questa possibilità, ho pensato che questa fosse una soluzione ideale per: (i) tutelare la privacy di mio figlio; (ii) farlo “debuttare” nella società moderna.

Entusiasta, ho caricato una foto del piccolo e, soddisfatto dal risultato, ho ri-condiviso l’immagine sulla mia pagina Instagram. Questo, in quanto Millenial, mi fa sentire relativamente appagato, ma mi rimane un grosso dubbio: “ho fatto bene?”.

Instagram è oggi uno dei più potenti mezzi di comunicazione, e sento in qualche modo il dovere di partecipare attivamente alla “psicologia delle masse”. Dall’altro lato, l’idea di aver consegnato la foto di mio figlio a una Società privata (OpenAI), sulla quale non sono in grado di esercitare alcun controllo, mi lascia un po’ turbato.

A questo punto l’unica cosa che posso fare è chiedere a ChatGPT di cancellare la foto. Mi assicura che i file caricati vengono automaticamente rimossi dopo un po’ di tempo: “puoi stare tranquillo”, mi dice. In effetti il trattamento dei dati in questione, dati biometrici desumibili dalla foto, è volto a fornire il servizio.

Ok, sono più tranquillo; diverse sono le misure di sicurezza adottate. La foto di mio figlio non finirà in mano a pedofili o truffatori. Ma non è tutto.

Al paragrafo 3 dell’informativa privacy (Informativa sulla privacy dell'UE | OpenAI) viene specificato che OpenAI può “utilizzare i Contenuti forniti dall'utente per migliorare i Servizi, ad esempio per addestrare i modelli che alimentano ChatGPT”. Infatti, una delle caratteristiche più promettenti dei modelli di intelligenza artificiale è che possono migliorare nel tempo. Come? Con i nostri contenuti, con le nostre foto e con quelle dei nostri figli.

Probabilmente, le mie paranoie sono inutili ma resta comunque il fatto che i tratti somatici di mio figlio sono stati rielaborati e probabilmente clusterizzati attraverso i cookie (ovvero: provenienza, fascia di età, colore della pelle, dei capelli, degli occhi ecc.) e questo contribuisce ad ampliare quelle sensazioni ansiogene che soltanto le nuove generazioni sono in grado di sperimentare.

La buona notizia è che c’è la possibilità di scegliere di non consentire a ChatGPT di utilizzare i nostri contenuti per istruire l’intelligenza artificiale. Se ti interessa come fare clicca qui: https://help.openai.com/en/articles/7730893-data-controls-faq

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